IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

 IV DI QUARESIMA (C)

 27 marzo 2022

VANGELO Gv 9, 1-38b
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».

Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».

DOPO IL VANGELO

 

  1. Il miracolo è un ‘segno’

Un intero capitolo composto da 41 versetti (righe) racconta la guarigione di un uomo nato cieco.

In verità all’apertura degli occhi l’evangelista dedica due versetti (due righe in tutto). Le altre 39 raccontano quel miracolo che è la fede: l’apertura di uno sguardo che riconosce nell’uomo chiamato Gesù il Signore.

Il miracolo della guarigione che a noi appare come grande atto di potenza sovrumana, interessa all’evangelista come segno, cioè come gesto che attraverso l’apertura degli occhi dice altro e di più: il venire alla fede che è un nuovo sguardo, che vede in Gesù il Signore.

La storia del cieco guarito è storia della scoperta della “Luce”. Tutto il vangelo di Giovanni, del resto, è percorso da questa antinomia tra tenebre e luce, tra incredulità e fede, dall’inizio:

La luce brilla nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta. A coloro che l’hanno accolta è stato donato di diventare figli di Dio”. E’ l’eterno conflitto luce-tenebre, fede-incredulità.

  1. I protagonisti

Anzitutto i discepoli: danno voce ad un pregiudizio duro a morire. Dicono: Chi ha peccato perché nascesse cieco? La malattia sarebbe il segno del castigo divino per le colpe commesse. Gesù con una battuta liquida questo pregiudizio: “qui si manifesta la gloria di Dio!”.

Gesù e il cieco. Ancora una volta Gesù prende l’iniziativa della guarigione ma subito coinvolge il cieco nel cammino di guarigione: lui deve andare a lavarsi gli occhi sui quali è stato spalmato il fango.

Questo è il modo con cui Dio viene incontro al bisogno dell’uomo: non fa cadere dall’alto i suoi doni, ma coinvolge l’uomo. Il cammino verso la guarigione, che è anche cammino verso la fede, domanda la nostra attiva partecipazione. E infatti quell’uomo andò, si lavò e tornò che ci vedeva. E la piscina dove si lava si chiama Siloe, che vuol dire Inviato. Chi guarisce è Gesù, l’Inviato di Dio.

Condividiamo la gioia per questi occhi che ora vedono la luce, ma… il bello deve ancora venire! Dal momento in cui il cieco ha ritrovato la vista comincia per lui un altro cammino verso il mistero di quell’uomo che gli ha aperto gli occhi. Chi è quest’uomo?

  1. Il mistero dell’uomo

C’è un cammino progressivo verso il mistero di quest’uomo. Si parte infatti dalla semplice costatazione che si tratta di un uomo che chiamano Gesù. Poi lo si riconosce profeta, più avanti si ammette che se costui non fosse da Dio, non avesse cioè una particolare relazione con Dio, non avrebbe potuto far nulla.

In seguito è detto l’Inviato, il Messia, il Figlio dell’uomo per arrivare al culmine, quando il cieco guarito si getta ai piedi di Gesù e lo riconosce Signore. Ora finalmente gli occhi vedono davvero cioè riconoscono il mistero di quell’uomo chiamato Gesù.

Il cammino verso la fede, che arriva a riconoscere il volto di Gesù, è come sospinto dalle contestazioni di quanti non vogliono accettare la guarigione. E’ grazie a queste contestazioni che la fede del cieco guarito si fa sempre più chiara e sicura. Anche per noi le obiezioni, i dubbi, le contestazioni che sembrano scuotere la nostra fede possono diventare l’occasione per una fede sempre meglio pensata e vissuta.

  1. La parabola della nostra condizione

Questa storia ci riguarda, è la nostra storia. Il cieco che non ha nome, ci rappresenta. Forse ci disturba l’essere assimilati ad un cieco, dato che crediamo di avere buoni occhi capaci di penetrare nella complessa struttura della realtà, conoscerla e modificarla. Le scienze non ci hanno forse aperto gli occhi?

Il Vangelo di oggi ci dice che il non riconoscere Gesù come nostro Signore, come la luce e quindi il senso ultimo della nostra esistenza ci fa trovare nell’oscurità. Questa è la nostra condizione.

Non basta avere, come oggi abbiamo, una conoscenza sempre più vasta del mondo, è necessaria una luce che indichi la mèta, il traguardo, il senso del nostro vivere.

don Erminio

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