IL VANGELO DELLA DOMENICA

Lc 3, 1-18

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

20 novembre 2022

II DI AVVENTO (A)

VANGELO Lc 3, 1-18
Lettura del Vangelo secondo Luca

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 Attesa è disponibilità alla conversione

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Noi dobbiamo aprirci all’attesa e all’accoglienza della sua venuta.

Giovanni Battista, che è uno dei due grandi maestri dell’avvento, è ben cosciente che non tutti sono disposti all’accoglienza, perché accogliere Dio significa accettare il cambiamento della propria vita.

Così ad alcuni dice: “Razza di vipere…” sono quelli che hanno Abramo per padre e si sentono superiori a tutti. Ne conosciamo anche noi… Gesù li chiamerà ‘sepolcri imbiancati’.

Ma anche per questi il Battista propone la conversione. Attesa è disponibilità alla conversione.

Ai semplici che lo interrogano su che cosa fare, Giovanni dà indicazioni altrettanto semplici, come dire che è già una buona cosa fare bene il proprio dovere, primo gradino della santità.

  1. Attesa è impegno nel lavoro quotidiano

C’è un secondo significato di attesa: è anche lavoro onesto, impegno buono nelle cose di ogni giorno.

Circa la sua persona Giovanni dice di non essere degno di sciogliere i lacci dei sandali del Messia. Dice ciò, colui che è detto da Gesù il più grande dei figli dell’uomo. Incredibile.

Per Giovanni attesa è il desiderio che arrivi Colui che battezza con il fuoco, nostra gioia infinita.

Infine, l’attesa potrà riservarci una sorpresa. Infatti, il Messia verrà come Giovanni, nella sua aspirazione purificatrice, non se lo aspetta: non per condannare i peccatori ma per guadagnarli alla vita, non per bruciarli ma per far loro sentire il suo ristoro e la possibilità di una bellezza sorprendente.

  1. Attesa è desiderio di una vita nuova

Ritorniamo alla visione di Giovanni e ai suoi rimproveri che ci avvisano che l’accoglienza di Gesù nella nostra vita non è un fatto scontato. Siamo tentati di immaginarcelo sempre a modo nostro, di ridurlo a nostra misura. In questo caso resteremmo nella nostra povertà.

La vera accoglienza si ha quando ci lasciamo trasformare da Cristo, dai suoi pensieri che non sono i nostri, dai suoi sentimenti che non sono i nostri sentimenti.

In questo caso la meravigliosa umanità di Cristo arricchisce anche noi. Questa è la ragione vera che spiega la missione di Giovanni Battista.

Egli deve destare l’attenzione dei cuori e delle coscienze, che rischiano di essere addormentate, prive di attesa. Deve suscitare il desiderio di vita nuova, meglio ancora deve suscitare il desiderio di essere cercatori di verità e di bene.

Questi due elementi fanno la persona umana veramente umana.

Coloro che non cercano verità e bene che cosa sono? Forse la parola più adeguata per definirli è predatori. Un predatore non riconoscerà certamente Gesù come il dono del Padre, al più gli si accosterà in qualche circostanza, solo per convenienza.

Esistono persone che vivono anche le esperienze religiose con questo approccio sbagliato.

Diversamente, il cercatore del bene è sempre in attesa di incontrare il Signore. Giovanni ci dice due cose: svegliati, diventa cercatore e, poi, il messia è arrivato, è in mezzo a noi, è l’agnello di Dio, la persona di Gesù, accoglila.

Comprendiamo come la missione di Giovanni sia un dono grandissimo. Non solo per i suoi contemporanei, ma anche per noi che, assuefatti a una conoscenza di superficiale di Gesù, non gioiamo più per averlo come compagno della nostra vita.

Invece, è proprio a questa gioia che giunge il cercatore di verità e di bene.

don Erminio

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