IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

4 dicembre 2022

IV DI AVVENTO (A)

VANGELO Mt 21, 1-9
Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

  1. “Ecco il tuo re viene!”

Il vangelo è una grande rappresentazione dell’Avvento, del venire di Gesù in mezzo a noi. “Ecco, il tuo re viene a te…” è la citazione che sta al centro del brano.

Gesù amava descriversi come veniente, Colui che viene: “Sono venuto a cercare e salvare ciò che era perduto”; “Non sono venuto per i sani, ma per i malati”; “Sono venuto perché abbiano la vita”. Ma oggi Gesù va in una direzione precisa.

Vuole entrare in Gerusalemme: città tanto amata e desiderata: sintesi dei suoi sogni e delle sue speranze, compimento della sua vita e luogo della sua morte e resurrezione.

L’Avvento di Gesù è, in primo luogo, un fatto personale che mi coinvolge anzitutto in una relazione individuale con Lui, che ha sempre coltivato volentieri del tempo per stare con le persone.

L’avvento di Gesù è pure un fatto collettivo e politico, nel senso stretto del termine. Nel senso che finisce inevitabilmente per incontrare la coscienza civile di un popolo, con le sue domande e i suoi drammi organizzativi e sociali.

Come a Gesù nessun uomo è estraneo, così per Lui non esistono città nelle quali non possa entrare, che non possa abitare.

  1. “Il Maestro ne ha bisogno”

Merita pensare anche ad alcuni personaggi anonimi di questa scena evangelica – persone che l’hanno aiutato a entrare nella grande città – sentendomi uno di loro, come uno che appare anche solo per un istante, dicendo una sola battuta e poi esce di scena.

Pongono una sola domanda: Perché mai lo slegate? E poi semplicemente si fidano e lasciano fare. Immagine chiara di tutti coloro che nella quotidianità continuano a intessere piccoli, ma grandi rapporti di fiducia. Di fiducia negli altri, nel futuro o anche solo in se stessi.

Sono gli uomini e le donne che abitano questa terra, in modo fiducioso e leggero, che vivono semplicemente l’atto umano del credere, del continuare a fidarsi, si affidano rischiando.

Se la fede nelle nostre chiese oggi è in crisi è forse perché è in crisi l’atto umano del credere. Non ci fidiamo più, non diamo più credito all’altro. Siamo chiamati a rialimentare fiducia… Far bene il bene, accettare l’altro senza lasciarsi sopraffare dal tarlo del sospetto, della malizia dell’altro, ci introduce alla fede. Spalanca il nostro cuore alla speranza. I proprietari del puledro, di un villaggio senza nome, rappresentano tutti gli umili servitori del Regno, casa e lavoro, che stanno dalla parte della gratuità, senza monetizzare la vita ad ogni costo.

  1. “Ed egli si pose a sedere”

Il Regno avanza anche sulla groppa di un’asina col suo puledro che proprio alcune persone semplici e anonime Gli avevano prestato. Che se anche dovessi considerare la mia esistenza come inutile, posso sempre immaginare che anche la mia povera groppa potrebbe servire per una buona causa.

Quand’anche mi sentissi debole, nient’altro che un puledro inutile, è allora che sarei forte e il Signore potrebbe proprio servirSi di me. Proprio di me, se Lo lascio fare, come Lui si è lasciato fare. Dove la debolezza non è un impedimento, ma il principio del Suo avanzamento, del Suo venire.

Paesaggio della città questo, che rappresenta a a ben guardare soprattutto il paesaggio dell’anima. Perché la storia che il Vangelo ci ha raccontato guardando a Gerusalemme ci riporta alla scena delle nostre città come dei nostri cuori…

Ammiriamo Lui che avanza così nel cuore delle città degli uomini, nel cuore di ogni uomo. In modo discreto e rispettoso, non invadente. Senza imporsi e con grande umiltà. Quasi in silenzio, lasciandoSi acclamare da quella folla e da noi con un ritornello: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”.

don Erminio

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