IL VANGELO DELLA DOMENICA

Lc 15, 11-32

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA (A)

19 febbraio 2023

VANGELO Lc 15, 11-32
Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 Per Dio siamo un ‘tesoro’ da non perdere

Gesù scandalizzava: c’era come un feeling misterioso tra lui e i peccatori. Questi lo accusano e lui rilancia, con tre parabole in cui alla fine è Dio stesso a varcare l’abisso che ci separa.

Tre storie di vita. Un pastore che sfida il deserto, una donna di casa che non si dà pace per una moneta che non trova, un padre esperto in abbracci. Da questi racconti il volto di Dio è la più bella notizia che potevamo ricevere.

Un Dio che non punta il dito, non colpevolizza, ma fa sentire preziosi tutti i suoi figli. Non si lamenta né castiga, ma va in cerca e apre le braccia.

La pecora smarrita non trova lei il pastore, è trovata; il pastore se la carica sulle spalle, perché sia più leggero il ritorno. Dio non guarda alla nostra colpa, ma alla nostra debolezza.

La pena di un Dio donna-di-casa che cerca la moneta perduta mostra come anche noi, sotto lo sporco e i graffi della vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare sempre, in noi e in tutti, un piccolo tesoro perduto.

Il padre buono, padre in ansia che non ha figli da perdere, e se ne perde uno solo la sua casa è vuota, che getta le braccia al collo del figlio che torna: alla fedeltà del figlio preferisce la sua felicità.

Tutte e tre le parabole terminano con la nota della gioia: una contentezza, una felicità che coinvolge cielo e terra: vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, che torna.

  1. Lo ‘scandalo’ della misericordia

Da che cosa nasce questa felicità di Dio? Dio è in cerca di me: uno scandalo in tre passi:

* già ci sorprende che la bibbia non chieda che il peccato sia scontato, ma confessato;

* ma Gesù non chiede neppure il pentimento, ma apre un futuro diverso: non peccare più;

* Lui gioca d’anticipo: il perdono previene il pentimento, l’abbraccio precede l’incontro

E questo dipende da Dio, non da me! E si fa carezza e medicina per le nostre ferite!

La differenza di Dio rispetto a noi sta proprio nel suo modo di accogliere i peccatori. Lo vide da lontano, commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciava.

Al solo muovere un passo, lui già mi ha visto e si commuove, io cammino e Lui corre, io dico: non sono più un figlio, Lui mi interrompe per restituirmi un cuore di figlio.

Il Padre è stanco di avere in famiglia dei servi, invece che figli veri. Il peccato dell’uomo è uno: sentirsi schiavo anziché figlio di Dio. Per questo il padre è ridotto ad essere nient’altro che braccia eternamente aperte, ad attenderci su ogni strada d’esilio: la casa del Padre confina con ogni nostra casa.

  1. La ‘follia’ dell’amore di Dio

Presto: anello, abiti, un banchetto, una festa”. Al Padre non interessa condannare né assolvere, giudicare o pareggiare i conti, ma esprimere un amore esultante, indistruttibile, incondizionato.

L’amore non è giusto, è una divina follia. La sua giustizia è riconquistare figli, perché non è il castigo che libera dal male, ma l’abbraccio; non è la paura che libera dal male, ma la festa di un amore più grande.

Il fratello maggiore è l’uomo dei rimpianti, onesto ma infelice, che non ama quello che fa. Scrive Dostoevskij: “Il segreto di una vita realizzata è agire per ciò che ami e amare ciò che fai”. Non fare il bene per forza, lo faresti male.

Quanti cristiani sono così: ho sempre ubbidito, sono andato a Messa tutte le domeniche, cosa mi dai in cambio? Vivono da salariati e non da figli.

Ma l’amore del Padre non si misura sui meriti, sarebbe un amore mercenario. Dice: Tutto ciò che è mio è tuo! Tutto, il tutto di Dio è per me. Che grande fiducia!

Padre, non sono degno ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, mi prendo la veste nuova e la festa. Padre sono la tua agonia, sono la tua gioia, sono il tuo figlio. Grazie di essere Padre a questo modo, nessuno poteva sperare in un Dio migliore!

don Erminio

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