IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

11 maggio 2025

IV DOMENICA DI PASQUA (C)

VANGELO Gv 15, 9-17
Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

 

  1. Tutti chiamati a santità

Per noi cristiani la vita è una chiamata (vocazione) alla santità, cioèa diventare quegli uomini e quelle donne che Dio ha pensato noi fossimo quando ci ha creati. Questa vocazione comune all’umanità si diversifica per ogni persona.

In fondo la domanda che dobbiamo porci è semplice: che cosa vuole Dio da me? A che cosa mi chiama per la mia felicità, affinchè io dia il mio contributo al bene comune, alla crescita del mondo ed in esso del Regno di Dio?

Dunque, mentre per molti la vita è una rapida corsa verso l’estinzione, per noi cristiani è la rapida corsa verso un incontro, che già qui ed ora è possibile seppur in forma velata a misteriosa.

Va ricordato che noi siamo stati abituati a collegare la parola vocazione alle figure dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose (frati e suore). Era ed è per molti l’interpretazione più corretta della frase di Gesù: “la messe è molta, ma gli operai sono pochi, pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Matteo 9, 37-38).

E’ vero i sacerdoti mancano, v’è scarsità di seminaristi e vi sono anche abbandoni. Ma Gesù dice anche altro: gli operai sono soprattutto i fedeli cristiani battezzati, quelli che chiamiamo i laici nella Chiesa.

Il Vaticano II dice che essi sono chiamati ad annunciare il Vangelo nella vita quotidiana, sul loro lavoro, nelle realtà mondane. Oggi però c’è bisogno di laici singoli e famiglie che diano nuova linfa alle nostre parrocchie, lasciando ai sacerdoti i compiti loro propri: l’annuncio della Parola, i sacramenti e la presidenza dell’eucarestia e della comunità che da essa nasce.

 

  1. Il ministero della Parola

La prima lettura (Atti 21,8b-14) ci presenta la vocazione alla profezia di quattro donne ed un uomo di nome Àgabo. E’ una chiamata possibile anche oggi. Occorrono infatti uomini e donne nella Chiesa che abbiano consuetudine con la Parola di Dio e ci aiutino a calarla nella storia con la loro parola e con gesti, iniziative lungimiranti, profetiche appunto.

Questo non è appannaggio dei sacerdoti o dei religiosi. Paolo (Filippesi 1,8-14) ci ricorda che la realizzazione della propria vocazione passa anche attraverso la fatica e la sofferenza per Cristo sopportata con amore a lui.

Questa è un’alta forma di evangelizzazione, di coerenza. Quando una persona non si limita a dire, ma paga di persona la coerenza con quel che dice, non può che suscitare un fascino attrattivo.

 

  1. Il comandamento dell’amore è reciproco

Se all’inizio ho parlato di chiamata universale alla santità, nel Vangelo di oggi Gesù usa per noi un termine più caldo, più accessibile alla nostra comprensione, più quotidiano e prossimo alla nostra esperienza: “Voi siete miei amici”.

Egli però pone una condizione per entrare in intimità amicale con lui: fare ciò che lui ci comanda! Questa seconda frase può, di primo acchito, far irritare la nostra sensibilità democratica e libertaria. In realtà ciò che Gesù ci comanda è quello che tutti noi vorremmo raggiungere: la reciprocità nell’amore. Chi non desidera questo?

Il contrario ricopre un ampio spettro che va dall’indifferenza all’odio, dall’inimicizia all’ostilità aperta, sino all’uso della violenza (vedi la piaga dei femminicidi o dello sterminio della propria famiglia), nonché alla guerra. Come raggiungere un sano equilibrio tra ricevere o donare amore?

Giovanni suggerisce che la via è rimanere nell’amore di Gesù,  sentirsi da lui amati, percepire nel profondo, nonostante fatiche e dubbi che non c’è altra modalità per la nostra realizzazione piena.

don Erminio

 

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