IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

26 ottobre 2025

I DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE (C)

Matteo 28,16-20

VANGELO Mt 28, 16-20
Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

  1. Siamo in terra di missione

La chiesa è una, santa, cattolica e apostolica. Ci soffermiamo su quest’ultimo termine, che nella lingua originaria, significa “inviata”, cioè costitutivamente missionaria.

Il Papa, e non solo l’attuale, ma anche i predecessori, hanno condannato come degenerazione del mandato missionario dato da Gesù alla Chiesa nascente (Matteo 28, 16-20) il proselitismo. Cioè conquistare le persone alla fede non attraverso il fascino, l’attrazione di una vita buona, cristiana in quanto profondamente umana, ma con forzature, vantaggi economici e quant’altro. 

Tradizionalmente quando si parla di missione, si fa riferimento ai religiosi e ai laici che lasciano la loro patria per l’annuncio del Vangelo alle genti. E così è!

Già nel 1933, nei suoi scritti giovanili, don Giovanni Battista Montini, futuro San Paolo VI, scriveva che alle nostre latitudini ‘Cristo è uno sconosciuto’. Certo quella era l’epoca in cui i totalitarismi alzavano la loro pagana voce, ma oggi, in Europa, tira un‘aria gelida di indifferenza religiosa innegabile.

Questo non deve indurci a pessimismo e a sterile lamento, quanto a riconsiderare il tema della missione. Ormai molti religiosi/e non europei abitano e animano le nostre comunità.

Questo è un segno chiaro e netto: la nostra realtà territoriale ed esistenziale è terra di missione.

 

  1. Il rinnovamento della pastorale

Nel primo decennio del 2000 i Vescovi italiani scrissero un bel Documento contenente gli orientamenti pastorali del decennio: “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”.

In un interessante paragrafo ci esortavano “a una sempre più convinta attenzione nella pastorale della Chiesa verso i cosiddetti “non praticanti”,ossia verso quel gran numero di battezzati che, pur non avendo rinnegato formalmente il loro battesimo, spesso non ne vivono la forza di trasformazione e di speranza e stanno ai margini della comunità ecclesiale.

Sovente si tratta di persone di grande dignità, che portano in sé ferite inferte dalle circostanze della vita familiare, sociale e, in qualche caso, dalle nostre stesse comunità, o più semplicemente sono cristiani abbandonati, verso i quali non si è stati capaci di mostrare ascolto, interesse, simpatia, condivisione.

Questa area umana, cresciuta in modo rilevante negli ultimi decenni, chiede un rinnovamento pastorale: un’attenzione ai battezzati che vivono un fragile rapporto con la Chiesa e un impegno di primo annuncio, su cui innestare un vero e proprio itinerario di iniziazione o di ripresa della loro vita cristiana.” (n. 57).

Dunque, ognuno di noi è chiamato all’annuncio evangelico, con delicatezza e rispetto, ma anche con decisione e coraggio creativo nei modi e nei tempi, approfittando di ogni occasione propizia nelle relazioni con gli altri.

Basta saper rendere ragione della propria fede, con una buona conoscenza dei suoi contenuti e delle sfide contemporanee. Basta raccontare il bene che fa a noi celebrare l’Eucarestia, vivere nella comunità cristiana, mettersi a servizio degli altri, in modi e tempi legati alle nostre possibilità.

Il punto di partenza è la nostra umanità, fatta di ascolto, pazienza, giustizia, rispetto della legalità, accoglienza non giudicante. Su questa base non sarà così difficile far passare un messaggio di fede, o magari, inizialmente, far cadere pregiudizi e anticlericalismo. Raccontiamo il bene che fa a noi il rapporto con il Signore e i fratelli nella fede, con tutte le fatiche e le consolazioni implicite.

 

don Erminio

 

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