IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

 III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA (B)

 24 gennaio 2021

 VANGELO Mt 14, 13b-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

  1. La “compassione attiva” di Gesù

A contatto con la gente (“vide una grande folla”) Gesù si lascia prendere dalla “compassione”… “perché erano stanche e sfinite come pecore senza pastore”. Allora come oggi, la società è non solo divisa, ma anche malata: quante infermità fisiche e morali! L’umanità ha fame di cibo, ma soprattutto di valori, di affetto, di libertà, di felicità. Fame di Dio.

Nel suo sguardo attento Gesù non rimane neutrale, insensibile: lo confida lui stesso: “Sento compassione di questa folla” (letteralmente: sente “fremere e sconvolgere le viscere”): si immedesima nella situazione dell’altro; è un “patire-sentire insieme con loro”. Tale compassione attiva lo spinge a guarire i malati e poi a saziare la folla affamata.

Matteo presenta Gesù come il medico che risana i malati, una caratteristica tipica del Messia. Nella concatenazione dinamica di questi tre momenti sguardo, compassione, intervento concreto Gesù rivela il vero volto di Dio “Padre misericordioso”, che si prende cura di ogni miseria.

  1. Una reazione a catena

Gesù vuole contagiarci il suo sguardo di compassione. Ma come i dodici, noi faremmo notare la sproporzione tra la scarsità dei mezzi a nostra disposizione e le necessità smisurate a cui occorre fare fronte: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci”: ecco perché dicono che la gente “si arrangi”. Ma la parola “impossibile” non esiste nel vocabolario di Gesù.

Il suo comando non dà adito a scappatoie: “Date loro voi stessi da mangiare”. Gesù, però, non parte da zero: ha bisogno che qualcuno metta a disposizione il poco che ha anche col rischio che quel giorno qualcuno salti il pranzo, perché lo condivide con altri. Il vero miracolo è la condivisione: quel “poco” messo in comune gli consente di sfamare molti.

“È il miracolo della carità, che vede coinvolti Gesù e i suoi nel servizio alla gente che ha fame” (ETC1). Il pane spezzato e condiviso non si esaurisce, ma si moltiplica, saziando tutti! Questo miracolo, che è il più documentato nella tradizione evangelica (viene riportato sei volte), ci mostra chi è Gesù: è il Messia che al suo popolo offre un banchetto lungo il cammino, come già Dio aveva nutrito Israele nel deserto. Così si compiono le promesse dei profeti. Gesù è l’unico che può saziare l’uomo completamente e in misura sovrabbondante.

  1. Il segno della comunione

Egli, però, con questo miracolo non solo sfama la folla, ma crea e consolida la comunione. In effetti, Gesù non vuole che la gente si disperda. I discepoli gli avevano suggerito di congedare la folla; ma Lui vuole mantenerla unita. Subito dopo, col miracolo dei pani mostrerà di essere il pastore di questo gregge.

Il pastore vero che raccoglie nell’unità una folla dispersa, le prepara un banchetto, la riunisce intorno a sé trasformandola in una grande comunità conviviale, dove tutti, senza differenze sociali, godono la libertà di stare insieme, di far festa, di vivere nella comunione con Dio e tra di loro.

È il significato ecclesiale del miracolo: Nei Dodici, che distribuiscono i suoi doni alla folla “seduta” sull’erba.c’è l’immagine viva della Chiesa, che Gesù vuole raccolta insieme come una famiglia, dove gli apostoli (e i loro successori) continuano a distribuire la Parola e l’Eucaristia.

Il racconto ha anche, appunto, un chiaro significato eucaristico: la successione dei gesti che Gesù compie (“prese i cinque pani… pronunziò la benedizione… spezzò i pani e li diede ai discepoli”) è la stessa che ritroviamo nell’ultima cena. Noi cristiani ci sentiamo chiamati a riscrivere oggi questa pagina di Vangelo, rivivendo la medesima esperienza:

Lasciamo che Gesù con la sua Parola e l’Eucaristia ci nutra e ci sostenga nel cammino, stringendoci sempre più nella comunione con Lui e tra di noi. Quel che abbiamo e che siamo (vita, tempo, qualità, beni, sofferenze) lo mettiamo a sua disposizione perché Egli operi il miracolo della comunione e della festa. Così il Signore continua a spezzare il pane della Parola, dell’Eucaristia e della Carità attraverso il nostro impegno nei diversi ambiti dell’educazione alla fede, della celebrazione liturgica e del servizio ai bisognosi.

don Erminio

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