PARROCCHIA DI RESCALDINA

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

 DOMENICA DI CRISTO RE (A)

8 novembre 2020

VANGELO Gv 18, 33c-37

✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Pilato disse al Signore Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?».

Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

  1. Due re, uno di fronte all’altro

Pilato, la massima autorità civile e militare in Israele, il cui potere supremo è di infliggere la morte; e Gesù che invece ha il potere, materno e creatore, di dare la vita in pienezza. Chi dei due è più libero, chi è più uomo? Pilato, circondato dalle sue legioni, prigioniero delle sue paure, oppure Gesù, un re disarmato che la verità ha fatto libero; che non ha paura, non fa paura, libera dalla paura, che insegna a dipendere solo da ciò che ami?

E’ commovente il coraggio di Gesù, la sua statura interiore, non lo vedi mai servile o impaurito, neppure davanti a Pilato, è se stesso fino in fondo, libero perché vero. “Dunque tu sei re?”. Pilato cerca di capire chi ha davanti, quel Galileo che parla e agisce in modo da non lasciare indifferente nessuno.

La riposta: “Sì, ma il mio regno non è di questo mondo”. Forse riguarda un domani, un al di là? Ma allora perché pregare “venga il tuo regno”, venga nelle case e nelle strade, venga presto? I regni della terra, si combattono, il potere di quaggiù ha l’anima della guerra, si nutre di violenza.

Gesù invece non ha mai assoldato mercenari, non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero. «Metti via la spada» ha detto a Pietro, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele, del più armato.

  1. Il suo regno non è di questo mondo

Il suo regno è differente non perché si disinteressa della storia, ma perché entra nella storia perché la storia diventi tutt’altra da quello che è. I servi dei re combattono per loro. Nel suo regno accade l’inverso, il re si fa servitore: non è venuto per essere servito, ma per servire. Non spezza nessuno, spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue; non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi.

Pilato non può capire, prende l’affermazione di Gesù: io sono re, e ne fa il titolo della condanna, l’iscrizione derisoria da inchiodare sulla croce: questo è il re dei giudei. Voleva deriderlo e invece è stato profeta: il re è visibile là, sulla croce, con le braccia aperte, dove dona tutto di sé e non prende niente. Dove muore ostinatamente amando.

E Dio lo farà risorgere, perché quel corpo spezzato diventi canale per noi, e niente di quell’amore vada perduto. Pilato poi si affaccia con Gesù al balcone della piazza, al balcone dell’universo, lo presenta all’umanità: ecco l’uomo! E intende dire: ecco il volto alto e puro dell’uomo.

  1. Cristo è il re dei nostri cuori

Preoccupato di rivelare tutti gli indizi della divinità di Cristo, Giovanni sceglie il titolo di re, ma di un re diverso da quello servito e rappresentato da Pilato. Il regno di Gesù si trova nel cuore dell’uomo. Lo strumento di governo è il dono di se stesso. La sua morte è l’ora della verità: attraverso l’amore l’umanità può entrare in comunione con Dio. Per Gesù la morte non è una fine; al contrario, così inaugura un regno che non avrà mai fine. Ecco come Gesù usa il suo potere di figlio di Dio: dà testimonianza pacifica e forte alla verità di Dio, che è giustizia e amore, a costo della sua stessa vita.

Nel regno di Gesù non si combatte per avere potere, ma per servire e praticare ciò che fa bene al cuore degli uomini. Al contrario, coloro che combattono per il potere non saranno mai amici della verità, come Pilato, che riconosce l’innocenza di Gesù, ma lo fa condannare per timore di perdere la sua posizione davanti all’imperatore. Anche ognuno di noi deve misurarsi col suo desiderio di potere, con la pretesa di farsi servire dagli altri. Ognuno deve combattere per non piegare la verità ai propri interessi, ma ricercarla umilmente e obbedirle fiduciosamente.

don Erminio

Exit mobile version