IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

05 novembre 2023

CRISTO RE DELL’UNIVERSO (A)

VANGELO Gv 18, 33c-37
Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Pilato disse al Signore Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

  1. Il titolo di ‘re’

Il titolo di re attribuito a Gesù non persuade. Gesù stesso non apprezzava questo titolo e questo ruolo.

I Vangeli raccontano che una sola volta Gesù è fuggito: quando la folla lo cerca per farlo re. Avevano mangiato pane buono, abbondante e gratuito e vogliono garantirselo, acclamando Gesù come re. E Lui si sottrae alla folla e si ritira solo sulla montagna.

Un’altra volta parlando dei re e dei capi delle nazioni Gesù dirà: ‘costoro esercitano il potere e si fanno chiamare benefattori’ ma, aggiunge rivolgendosi ai discepoli: ‘tra voi non sia così, il più grande si faccia servo di tutti’.

E infine nel dialogo ascoltato nel vangelo è Pilato che attribuisce a Gesù questo titolo regale ma Gesù accuratamente si distingue dai re di questo mondo: ‘il mio regno non è di questo mondo’.

Allora possiamo sì adoperare questo titolo regale per Gesù, ma facendo ben attenzione a distinguerlo dalle teste coronate. Forse sarebbe meglio non usarlo affatto.

  1. Il senso di questa festa

Questa festa di Cristo Re è recente: è stata istituita nel 1925 da un papa di origine milanese: Pio XI voleva contrastare la mentalità laicista che già allora tendeva ad escludere dalla vita pubblica e civile la presenza dei valori cristiani che dovevano essere rigorosamente confinati nella sfera privata, nell’ambito della coscienza personale senza alcun rilievo pubblico.

Nata in un contesto polemico la festa odierna manifesta comunque un valore perenne. L’immagine regale vuol esprimere il primato di Cristo, il suo essere il prototipo dell’umanità, il primogenito, l’uomo nella sua compiutezza, l’uomo pienamente realizzato.

Ma qual è il luogo di tale realizzazione? Questo titolo di re è scritto in cima alla croce e la croce è il suo paradossale trono. La sovranità di Cristo non si esprime nell’esercizio del potere, ma solo nell’incondizionato dono di sé.

Proclamare Cristo re vuol dire proclamare il trionfo di colui che non ha potere, che non dispone di eserciti per difenderlo, di colui che sta in mezzo a noi come colui che serve.

  1. Chiesa che serve: dalla carità

Come quelle di Gesù, anche le nostre “opere di carità” devono risplendaere come luce nelle tenebre del mondo.

Per essere sempre più “Chiesa delle beatitudini”, ogni comunità cristiana deve essere

  • povera e amica dei più poveri, attenta e accogliente verso ogni persona nel bisogno e verso ogni forma, antica o nuova, di povertà
  • capace di consolare chi si trova in qualsiasi genere di afflizione, di rispondere alla violenza con la forza di un amore senza riserve
  • misericordiosa, nella quale ciascuno si sente ascoltato, incoraggiato e accompagnato nel suo cammino di conversione
  • espressione visibile per ogni uomo e ogni donna del volto del Padre, che accoglie
  • artefice di pace, che non si stanca mai di denunciare ogni violazione della dignità della persona e che proclama con coraggio di fronte ai piccoli e ai potenti i diritti degli uomini, dei popoli e delle nazioni
  • disponibile e aperta a ogni sana collaborazione con i responsabili della cosa pubblica, unicamente preoccupata del bene di ogni persona e dell’intera società.

don Erminio

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