
Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
18 maggio 2025
V DOMENICA DI PASQUA (C)
VANGELO Gv 13, 31b-35
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
- L’unità e la fede
La prima lettura (Atti 4,32-35) ci mostra uno spaccato ideale della chiesa primitiva, così come San Luca ce la descrive. Il tema centrale è quello della comunione (cum munus, dono e responsabilità condivisa) tra coloro che erano venuti alla fede in Cristo. Essi avevano “un cuor solo” (espressione ebraica) ed “un’anima sola” (espressione greca).
Dunque ecco due caratteristiche della comunità cristiana: l’unità e la fede. I cristiani sono chiamati a coltivare la fraternità e l’amicizia. Il cristianesimo vive di relazioni vere, autentiche, è animato da persone fallibili che sanno però emendarsi, chiedere perdono personalmente (seppur con qualche fatica) e sacramentalmente.
Il contrario sarebbe una comunità lacerata da tensioni e risentimenti. Luca però precisa che questa unione, che resterà sempre un ideale da raggiungere, si traduce in rapporti nuovi anche a livello economico e sociale.
Non viene escluso il diritto alla proprietà privata, ma viene posto in primo piano il fatto che non sia giusto che alcuni godano di beni eccessivi e superflui ed altri siano in povertà. La motivazione non è solo umana, bensì fondata sulla fede in Cristo Risorto che da ricco si è fatto povero per noi.
La condivisione anche dei beni è il segno che la comunità cristiana si è liberata della paura della morte che porta all’accumulo dei beni e alla stratificazione sociale. A causa della guerra se ci sarà una crisi alimentare, essa colpirà soprattutto i paesi dell’Africa e i più poveri. Siamo noi pronti a gesti di solidarietà? Lo sono i nostri figli a cui nulla manca, salvo la forza interiore e la capacità di resilienza?
Barnaba fondatore della chiesa di Milano ci è d’esempio. Dare il ricavato della vendita del campo per i bisognosi è più che un segno di solidarietà, è segno di fede nella vita eterna.
- Alla fine di tutto resta la carità
Nella seconda lettura (1 Cor 12,31-13, 8a), il cui splendido commento è posto al cap. IV dell’Esortazione Apostolica post-sinodale di Francesco “Amoris laetitia” (2016) si ribadisce che alla fine dei tempi resterà solo la carità (amore, fratellanza, amicizia) fondata sulla gratuità del dono di sé.
San Giovanni della Croce mistico carmelitano del XVI secolo diceva che al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore/carità/ gratuità nel dono e non su altro.
- Carità sono le ‘buone relazioni’
San Giovanni, nel Vangelo di oggi ci ricorda che il segno distintivo dei cristiani è l’amore reciproco, ben declinato dalla lettura di San Paolo appena citata. Dunque è tempo di riprendere/curare le nostre relazioni. E che siano buone, alte, leali, affidabili, attraenti. Solo così saranno veicolo del Vangelo per noi e per tutti.
—
don Erminio