ILVANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

 VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI GIOVANNI BATTISTA (A)

 4 ottobre 2020

 VANGELO Lc 17,7-10
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge,

gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 La testimonianza dei vari ministeri

Per prolungare nel tempo ed estendere nello spazio il mistero della misericordia di Dio Gesù istituisce il ministero apostolico. La gratuità di una vita donata diventa così il segno essenziale dell’amore e il sigillo di appartenenza al Signore. Essa ci fa come lui, schiavi per amore. E’ la massima libertà che ci rende simili a Dio. La missione dei cristiani nel mondo è, prima di tutto, testimonianza dell’amore gratuito di Dio. Nel suo addio agli anziani della Chiesa di Efeso, Paolo dice: “Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio” (At 20,24).

  1. Il cristiano è un servo ‘inutile’

E’ chiamato così: schiavo di Gesù Cristo perché appartiene totalmente a lui. Questa schiavitù è la più alta realizzazione della libertà di amare perché rende il cristiano simile al suo Signore Gesù che è tutto del Padre e dei fratelli. Il lavoro dello schiavo è insieme dovuto e gratuito perché, sia lui che il suo lavoro, appartengono al Signore. La traduzione: “Siamo servi inutili” non è esatta perché lo schiavo che compie il suo lavoro non è inutile e perché Dio non ha creato nulla di inutile. Il termine greco “achreioi” significa in-utili cioè senza utile, senza guadagno. Ciò significa che i cristiani non fanno il loro lavoro apostolico per guadagno, per un utile personale, ma per dovere e gratuitamente: non per vergognoso interesse (cfr 1Pt 5,2), ma spinti dall’amore di Cristo Signore che è morto per tutti (cfr 2Cor 5,14).

L’apostolato è di sua natura gratuito e rivela la sorgente da cui scaturisce, l’amore gratuito di Dio: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). L’amore vero rende il discepolo completamente libero da altri interessi e lo fa diventare gioiosamente servo come il suo Signore al quale appartiene totalmente. Ciò che Dio dà all’uomo non gli è dovuto in termini contrattuali, ma è grazia. Per quanto l’uomo possa impegnarsi o fare, tutto quello che riceve non è in proporzione con quello che egli ha compiuto: è sempre un’elargizione della bontà e misericordia di Dio. Ecco perché occorre avvicinarsi sempre più a Dio e non preoccuparsi del trattamento che egli usa nei confronti dei suoi servi fedeli. Sarà sempre conforme alla sua bontà infinita, non alle umili prestazioni dell’uomo.

  1. Servire ed essere servito

La parabola (solo di Luca) insegna che la vita dei cristiani si caratterizza per l’attitudine di servizio. Comprende tre domande ed una risposta: con le domande, tratte dalla vita di ogni giorno, gli uditori sono spinti a pensare ciascuno alla propria esperienza e a rispondere a partire da essa. Dal modo in cui Gesù porge le domande, la gente si rende conto verso quale direzione vuole orientare il nostro pensiero: fare di noi servi gli uni degli altri. La conclusione era già implicita nelle domande: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare“. Lui stesso ce ne ha dato l’esempio: “Il Figlio dell’uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire” (Mc 10,45).

Servire ed essere servito. In questo testo, il servo serve il signore. Ma c’è un altro testo di Gesù in cui si dice il contrario: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. In verità vi dico: si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37). Qui è il Signore che serve il servo, e non il servo il signore. Nel primo testo, Gesù parlava del presente. Nel secondo testo, Gesù sta parlando del futuro. Questo contrasto è un altro modo per dire: trova la vita colui che è disposto a perderla per amore a Gesù e al Vangelo. Chi serve Dio in questa vita presente, sarà da Dio servito nella vita futura!

don Erminio [Appiano Gentile]

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