IL VANGELO DELLA DOMENICA

…Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno..

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

IV DOPO IL MARTIRIO (C)

25 settembre 2022

VANGELO Gv 6, 51-59
Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

  1. “Io sono il pane vivo”

L’uomo è grande – la famosa ‘canna pensante’ di Pascal – ma è bisognoso. I giudei del tempo di Gesù non vogliono dipendere dal lui e dal suo dono. Gli uomini di oggi tentano di costruire una società di indipendenti, che alla fine è fatta di isolati.

Un film di Erik Gandini mostra gli esiti disumani della teoria svedese dell’amore. Si tratta di un modello impostato sulla pretesa che le persone debbano essere completamente autonome le une delle altre, in modo che nessuno debba aiutare nessun altro.

Così si nega l’evidenza (la nostra assoluta relazionalità): abbiamo bisogno gli uni degli altri. Figurarsi poi se non abbiamo bisogno di Dio e del pane di vita che solo lui può darci.

In questa ultima parte del cap.6 di Giovanni, arriviamo al dunque del confronto tra Gesù e i giudei, Gesù è stato geniale a scegliere il pane. Il pane è una realtà santa, indica tutto ciò che fa vivere, e che l’uomo viva è la prima legge di Dio.

A Messa celebriamo Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato? Non è proprio così… Infatti che regalo è se ti offro qualcosa e tu non lo gradisci e lo abbandoni in un angolo?

Qui siamo espressamente invitati dal “prendete e mangiate”, “prendete e bevete”: in altre parole: il dono va preso, il pane mangiato.

 

  1. “Prendete, mangiate e bevete”

Gesù afferma con decisione la sua pretesa di essere la ragione per cui l’uomo vive veramente e addirittura avere la speranza di sconfiggere la morte. In nessuna altra religione il fondatore ha avanzato una simile pretesa. Gesù lo fa, ma non per diventare dominatore, anzi il suo progetto sarà quello di servirci, fino al punto di essere masticato da noi.

L’uomo normale – quello carnale che non si apre alla luce dello Spirito – pensa che ciò sia assurdo. In realtà dimentica che vive non per forza propria, ma in virtù di un dono divino che lo precede. E se qualcuno ci dice che possiamo vivere solo per lui, lo invitiamo subito ad andarsene via… E allora che differenza c’è tra noi e questi giudei che si irritano davanti alla pretesa di Gesù?

A questo punto, Gesù aggiunge che il suo cibo non è solo pane, ma, incredibilmente, carne. Per vivere occorrerà perciò nutrirsi della carne del Figlio di Dio: la sua carne è la sua persona, che viene a vivere in noi. Grande mistero dell’unione Dio-uomo.

Nel Vangelo un verbo concreto “mangiare” è ripetuto 7 volte e ribadito altre 3 insieme a “bere”. Gesù non sta parlando del sacramento dell’Eucaristia, ma del sacramento della sua esistenza, che diventa mio pane vivo quando la prendo come misura, energia, lievito della mia umanità.

Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita e nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui.

Io mangio e bevo la vita di Cristo quando cerco di assimilare il nocciolo vivo della sua esistenza, quando mi prendo cura con combattiva tenerezza degli altri, del creato e anche di me stesso. Faccio mio il segreto di Cristo e allora trovo il segreto della vita.

 

  1. “Chi mangia la mia carne rimane in me e io in lui”

Determinante è la piccola preposizione: “in”, che crea legame, intimità, unione, innesto… La ricchezza della fede è di una semplicità abbagliante: Cristo che vive in me, io che vivo in Lui. Il Verbo che ha preso carne nel grembo di Maria continua, ostinato, a incarnarsi in noi.

Prendete, mangiate! Parole che mi sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d’amore: qui è il miracolo, il batticuore, lo stupore: Dio in me, il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola, con la stessa vocazione: non andarcene da questo mondo senza essere diventati pezzo di pane per la vita di altri.

Facendo la comunione, Cristo continua la sua incarnazione in noi. Gli apparteniamo. E il Padre dei cieli ci sorride, ci abbraccia come suoi figli, come fa con Gesù. E noi sorridiamoci gli uni gli altri con lo stesso amore di Cristo.

don Erminio

 

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