IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

6 novembre 2022

GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO (C)

VANGELO Mt 25, 31-46
Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

1. Il bene pesa di più

Avevo fame, sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere. Dal Vangelo emerge un fatto straordinario: lo sguardo di Gesù si posa sempre in primo luogo sul bisogno dell’uomo, sulla povertà e fragilità.

Dopo la povertà, il suo sguardo va alla ricerca del bene che circola nelle vite: mi hai dato pane, acqua o altro, e non già, come ci saremmo aspettati, alla ricerca dei peccati e degli errori dell’uomo. Ed elenca sei opere buone che rispondono alla domanda: che cosa hai fatto di tuo fratello?

Quelli che Gesù evidenzia non sono grandi gesti, ma gesti potenti, perché fanno vivere, perché nascono da chi ha lo stesso sguardo di Dio. Grandioso capovolgimento di prospettive: Dio non guarda il peccato commesso, ma il bene fatto.

Sulle bilance di Dio il bene pesa di più. Bellezza della fede: la luce è più forte del buio. Ed ecco il giudizio: che cosa rimane quando non rimane più niente? Rimane l’amore, dato e ricevuto.

In questa scena potente e drammatica, che poi è lo svelamento della verità ultima del vivere, Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini, da arrivare fino a identificarsi con loro: quello che avete fatto a uno dei miei fratelli, l’avete fatto a me!

Gesù sta pronunciando una grandiosa dichiarazione d’amore per l’uomo: io vi amo così tanto, che se siete malati è la mia carne che soffre, se avete fame sono io che ne patisco i morsi, e se vi offrono aiuto sento io tutte le mie fibre gioire e rivivere. Gli uomini e le donne sono la carne di Cristo. Finché ce ne sarà uno solo ancora sofferente, lui sarà sofferente.

2. Peccato è non fare il bene

Nella seconda parte del racconto ci sono quelli mandati via, perché condannati. Che male hanno commesso? Il loro peccato è non aver fatto niente di bene.

Non sono stati cattivi o violenti, non hanno aggiunto male su male, non hanno odiato: semplicemente non hanno fatto nulla per i piccoli della terra, indifferenti. Non basta essere buoni solo interiormente e dire: io non faccio nulla di male. Perché si uccide anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra.

Non impegnarsi per il bene comune, per chi ha fame o patisce ingiustizia, stare a guardare, è già farsi complici del male, della corruzione, del peccato sociale, delle mafie.

Il contrario esatto dell’amore non è allora l’odio, ma l’indifferenza, che riduce al nulla il fratello: non lo vedi, non esiste, per te è un morto che cammina. Il male più grande è aver smarrito lo sguardo, l’attenzione, il cuore di Dio fra noi.

3. Un amore inconsapevole

Un aspetto accomuna le genti a cui si riferisce il Vangelo, e un altro le differenzia. Entrambe chiedono: “Quando Signore?”. Nessuno si è mai accorto di amare Dio. Ciò vuol dire che Dio è incognito, misterioso, non è visibile.

Tutte e due le schiere lo hanno amato o rifiutato senza saperlo. Gli uni hanno amato l’uomo, non si sono posti il problema se era Dio. Gli altri non hanno rifiutato Dio, hanno solo rifiutato l’uomo. E’ un amore inconscio.

Nessun santo sapeva di essere santo. Chi ama Dio non lo sa. Se io amassi te per avere la tua ricchezza, tu ti sentiresti usato. Ma che ne diresti se ti amassi per avvicinarmi a Dio? Non ti starei usando?

Se ti amo perché così sono un buon cristiano, che amore è? E se ti amo per sentirmi bene con Dio, perché c’è un comandamento, che amore è? Difficile non è amare Dio; difficile è amare l’uomo.

Chi si pone troppo il problema di amare Dio, è perché si vuole sentire bravo, a posto, in regola. Gesù non si poneva mai questo problema. Lui amava l’uomo; e vi ha scoperto Dio.

Ha detto Madre Teresa di Calcutta: “Non so mai se chi dice di amare Dio, lo ami davvero. Ma so che chi ama l’uomo, lo sappia o no, ama Dio”.

don Erminio

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