IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

10 marzo 2024

IV DOMENICA DI QUARESIMA (B)

VANGELO Gv 9, 1-38b
Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».

 

  1. Nessuna colpevolizzazione

L’idea che il male che ci affligge sia colpa di qualcuno, ed alla fine di Dio stesso, è un pregiudizio difficile da superare.

Soprattutto in tempi in cui vigeva la cosiddetta ‘teologia della retribuzione’, secondo la quale la malattia e l’inabilità erano frutto del peccato, non solo personale, ma anche ereditato dai genitori o dagli antenati più prossimi.

Il cieco è cieco sin dalla nascita perché il limite umano contempla anche la malattia, che si abbatte implacabile su tutti.

La vista che Gesù restituisce è per la gloria di Dio, cioè per mostrare, attraverso un segno indicatore, il peso che Dio ha nella storia dell’uomo (in ebraico ‘gloria’).

La vista biologica è essenziale per la nostra vita, ma molti di noi pur vedendo, non vedono l’essenziale, oppure, ancor peggio, distolgono gli occhi dalle disgrazie e sofferenze altrui.

La vista dell’uomo è corta, e con il passare degli anni peggiora, per questo il salmista recita così: “lampada ai miei passi Signore è la tua parola, luce sul mio cammino” (Salmo 118).

Come diceva Saint-Exuperi ne “Il piccolo principe”: “L’essenziale è invisibile agli occhi. Occorrono gli occhi della fede per coglierlo”.

E allora ecco il mistero del cieco nato è svelato: gli occhi biologici gli sono ridati per decretare che Dio è dalla parte dell’uomo, gli occhi della fede sono il vero dono che, da lì in poi, illumineranno la sua vita permettendogli di riconoscere in Gesù la luce che illumina la vita, anche quando le tenebre sono più oscure.

Camminiamo dunque nella luce del Signore, senza ambiguità, orgogliosi della nostra fede, con il desiderio di riaccendere la luce della fede battesimale in molti cristiani che l’hanno smarrita. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

  1. Dio è compassione, futuro

Oggi, per la via, Gesù incrocia l’ultimo degli ultimi: un cieco, innocente e innocuo. Gli si avvicina, lo tocca. La muta speranza del cieco non chiede, non gli chiede il perché della sua condanna: cerca solo a tentoni mani che lo tocchino, e che sugli occhi spenti gli infondano un po’ di vita.

Alla sua impurità cerca partecipazione, non spiegazione. Invece i farisei su questo hanno eretto una serie di parole e sofismi per non ascoltare la vita. È il mondo ad essere cieco!

Infatti sulla bocca dei farisei il termine più ricorrente è “peccato”, innalzato a teoria per spiegare il mondo e la sua realtà.

Una religione immiserita a questioni di peccato che Gesù capovolge all’istante: l’uomo non coincide con il suo errore, mai. Esso non spiega Dio, che è compassione, futuro, approccio ardente, amore che fa ripartire a cuor leggero. Gesù non parlerà di peccato se non per dire che è perdonato; che Dio non si spreca in castighi, che non indugia sul moralismo.

  1. La strada maestra della Chiesa è l’uomo

L’essenza etica del Vangelo è il valore assoluto di ogni persona. Con poco fango, con la creta di poca polvere impastata a saliva, ecco un minimo nuovo creato, che Gesù stende su quelle palpebre innocenti. E come con la bambina di Giairo, lo congeda con “Kum!”: “Alzati!”.

Risorgi e vai dove tutti ti possano vedere con occhi nuovi. E fallo anche tu, illumina la tua vita.

“Vai alla piscina di Siloe!”. Il mendicante cieco si fida di un miracolo che ancora non c’è, di un salto nel buio. Andò, e tornò che ci vedeva. Non siederà più a terra a invocare pietà, ma starà ritto in piedi con la faccia nel sole, finalmente libero. Finalmente uomo.

Ma l’uomo nato cieco passa da miracolato a imputato. Ai farisei interessava solo la “sana” dottrina. E avviano un processo per eresia. Ma la strada maestra della Chiesa è solo l’uomo. Sempre.

Se un’esperienza regala vita, allora è buona e benedetta. Legge suprema di Dio è che l’uomo viva!

don Erminio

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